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Cuore e occhi del Cilento, Voce del Sud

 

di Giuseppe Iuliano

 

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Spingersi a Trentinara senza la curiosità e la spensieratezza del turista; neppure per pratica di fede, per un cristiano un fatto scontato, al santuario della Madonna di Loreto. Il suo promoter e testimonial per antonomasia Giuseppe Liuccio ha aperto nel tempo occhi e mente alle sue meraviglie: la terrazza del Cilento, la via dell'amore e la sua preta 'ncatenata, fra tanta gente de bon core. Veniamo qui per altro pellegrinaggio: visitare con afflato fraterno il suo sepolcro ed omaggiarne la memoria.

 

Liuccio, una figura dal profilo prismatico, aggettivo a lui caro: fine umanista, valente docente, giornalista attento - ha avuto occhi che sapevano leggere la realtà - politico appassionato della vita degli uomini dentro ed oltre le logiche di partito.

 

Trentinara e Cilento, luoghi di partenza ed approdo. Culla e rifugio. Luoghi dell'anima, ma proviamo ad immaginare anche qualche sorso di cicuta. Liuccio, signore della terra, per anni nella terra dei signori. Uomo di parola, ha impastato quelle dell'incanto, stregate e streganti di poesia, che valgono i suoi fortunati libri. Voce di assolo ha saputo modulare le folgorazioni, le estensioni, gli intrecci. Compagni alla voce gli occhi fermi sui destini degli uomini, fossero del Cilento o della costa d'Amalfi, irpini o sanniti. Il Sud della Campania e del Mezzogiorno, di terra e mare, di ogni campanile. Uomo del "sol dell'avvenire", ne ha imprigionato la luce e diffuso, come raggi infuocati, intuizioni, ragionamenti, progetti.

 

Occhi di poeta, capaci di leggere le ansie, i bisogni intimi e collettivi e di interpretare i sogni, i misteri, gli svelamenti. Poeta del Sud, Rocco Scotellaro l'avrebbe avuto sicuramente fratello. Liuccio avrebbe bene raffigurato l'assunto di Carlo Levi secondo cui "i poeti sono più autentici dei politici". Il Nostro ha integrato le due figure, assimilandole o in ausilio. Esempio nel vero della civiltà contadina, vissuta ed amata, più che idealizzata, convinto dell'autonomia dal basso, custode della fantasia del mondo popolare, consapevole della libertà degli individui. Vulcano e magma. Sorgente e fiume.

 

Paladino di scudo e lancia, bussola e lente d'ingrandimento di un mondo fermo o in fermento, memore della piccola borghesia di galantuomini e baroni - ceto spesso gretto e "padronale" figlio di una comunità, la più affollata e marginale, costretta ad esodi biblici per ogni dove fino ad un urbanesimo malato. Liuccio ha saputo condividerne la resilienza, la resistenza e le eccitazioni del riscatto. Il suo socialismo rivoluzionario condensato qui, in attesa che la giusta giustizia diventasse arbitra degli eventi e degli umani destini.

 

Insomma, la terra amara e matrigna andava convertita in Campania felix e materna. Così il Cilento e le sue anime, zona dell'osso e della polpa. Un discorso lungo e paziente da fine tessitore, capace dell'ascolto e della mediazione. Il suo senso pratico, avere la contezza della storia. Ecco la scelta di campo: amare la terra/natura, renderla ospitale, valorizzarne le specificità e le risorse, e ancor più, adattandole ai tempi, favorire gli investimenti, le imprese economiche, i consorzi. E, perché la crescita fosse omogenea e propulsiva vi ha associato le attività culturali, coinvolgendo nomi autoriali di valenza non solo nazionale. Che dire! Una visione realista, una sfida alla demagogia e al trasformismo che tanti guasti e ritardi hanno creato alle zone interne e al Mezzogiorno. E ce lo immaginiamo è stato lui a raccontarlo nelle liste del Partito Socialista, quello del sole nascente, con falce e martello su libro, candidato alla Camera o alla Regione, a tenere comizi nel Cilento. Le piazze non erano affollate eppure era sicuro che la gente ascoltasse e partecipasse dietro balconi e finestre. Allora prudenza e audacia parlavano lingue diverse.

 

Intellettuale militante, aduso alla tempra dalla coerenza e dal coraggio, ha orientato la sua vita come una mission fra percorsi, indirizzi, obiettivi; di più, uomo di pensiero, attrattore e animatore, sempre in prima linea, per nulla dimentico della lezione di Guido Dorso e di quella di Rossi Doria che "non c'è un giorno da perdere", giusta ragione per considerarlo uno dei "cento uomini d'acciaio".

 

Ecco cosa lo scrittore cilentano pensava dell'illustre meridionalista, artefice della politica del fare: "ho ricordi lucidi, perché seguii la campagna elettorale di Manlio Rossi Doria e per una felice fortunata coincidenza ne divenni seguace convinto ed entusiasta. Fui, infatti, candidato, giovanissimo alla Camera de Deputati, per la Circoscrizione Salerno, Avellino e Benevento che includeva anche il collegio senatoriale di Sant'Angelo dei Lombardi. Conobbi per la prima volta Rossi Doria a Grottaminarda. Ne seguii con interesse il suo comizio, cosa che feci in tutti i paesi dell'Avellinese che gravitavano politicamente nell'Alta Valle de Sele". Anche l'Irpinia è stata un po' la sua casa. Il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud, i relativi festival, lo hanno visto protagonista nella poesia del terremoto, nelle animose battaglie per la discarica del Formicoso o per le trivellazioni del progetto "Nusco". E noi del Centro, sempre intenti alla ricerca dei Padri greci, per converso abbiamo trovato in lui il vero "greco pestano". Vero è che quanto prima l'Irpinia farà la sua parte.

 

Giornalista di vaglia della Rai e di quotidiani nazionali non ha disdegnato i periodici locali. Così le sue collaborazioni analitiche e propositive al quindicinale Altirpinia o alla rivista Nuovo Meridionalismo. Gli articoli, una sorta di osmosi tra terre contigue: un Petit Tour nel Cilento come i grandi viaggiatori del Sette cento; L'Alento, fiume della memoria (articolo-lettera, diretto ai sindaci del bacino del fiume); il prezzo della bellezza in Italia, nella Costa d'Amalfi e nel Cilento, tra Mediterraneo e mediterraneità. Insomma, un visionario e un pragmatico. Un amabile "Don Chi sciotte" e noi fedeli scudieri, fra tanti Capitan Fracassa e maschere di opportunità. C'è da dire che, per militanza, visione pratica e dedizione, avrebbe meritato consensi elettorali ed incarichi ben più importanti di quelli di consigliere comunale di Trentinara, della Comunità montana del Calore salernitano e di consigliere ed assessore del comune di Amalfi. Anzi, proprio ad Amalfi e Maiori, ha dato il meglio di sé nel ruolo di Presidente del l'Azienda di Soggiorno e Turismo. Diagnosta e terapeuta, ha continuato - politica del mestiere, avrebbe detto Rossi Doria - ad essere l'addetto stampa emerito del Parco del Cilento. E non solo. Suo il decalogo della valorizzazione del territorio e dello sviluppo, coniugandovi di tutto: turismo, bellezza, decoro, beni e servizi, accoglienza. E cioè un nuovo stile di vita. Riferendosi a due luoghi simbolo della terra cilentana, Capaccio-Paestum, così evidenziava "città ed il territorio circostante nel suo insieme si debbono dare uno stile di vita all'insegna della cortese eleganza, con sobrietà senza ostentazione, con naturalezza e disinvoltura, senza sbavature, con semplicità e spontaneità. Basta eliminare la cialtroneria, l'improvvisazione ed il pressapochismo. È l'unica strada efficace per combattere il degrado ed esaltare la bellezza, perché, a ben pensarci, il turismo vende buongusto e bellezza". Una scienza che trova sempre più significato e consenso tra new e green economy.

 

Quanti libri e di diverso indirizzo! Quante intese con l'editore Galzerano, che del Cilento avrebbe detto Liuccio è voce e megafono. Ci piace ricordarne alcuni, a caso. I racconti: Cilento in chiaroscuro - I paesi dell'anima. I saggi: Il Parco del Cilento, un'occasione di sviluppo - Cilento e Libertà - Viaggio nel Cilento - Calore: il fiume e la valle.

 

Da ultimo, un Liuccio esperto di gastronomia - chi non ricorda la ricca "melange" GustaMinori? con il suo Cilento a tavola.Confessiamo di essere legati al suo romanzo/epistolario Terre d'amore: Cilento e Costa d'Amalfi. Lettere postume che ha avuto l'editing in Irpinia (Delta 3, Grottaminarda), perché opera vincitrice dell'XI edizione del premio nazionale "L'inedito sulle tracce del De Sanctis". Ad intrigarci la forma colloquiale - in questo, un maestro affabulatore senza pari e quindi la rivisitazione storica, le origini, le suggestioni di un territorio, la sua continuità ideale con un mondo mitico o a noi prossimo con tante figure/simbolo: la sirena Leucosia, Palinuro, Parmenide, il liberto Spartaco fino a Vico, al canonico de Luca, a Pisacane, a Costabile Carducci, ad Andrea Torre.

 

Liuccio, un onesto politico ed intellettuale. Non basta. Un grande scrittore. Di più. Ha incarnato la vocazione del vero poeta. Virtuoso, lirico, ispirato. Cosa che ha voluto e saputo ostentare senza falsa modestia. Cantore, profeta, bardo, aedo del Cilento e, di riflesso, anche la regione da spazio geopolitico è transitata nella storia letteraria, trovando qui altra consacrazione.

 

La terra ha costituito, quasi per intero, il DNA di Liuccio. Ad un tempo religione ed eresia. Confino ed orizzonte. Quaresima e redenzione. Da qui la fuga è storia antica, ma Liuccio non se n'è mai andato. Un amarcord di innocenza, infanzia, giovinezza, una mistione di religiosità laica, con trame e tessiture costituenti il costume sociale. Così la celebrazione e l'attraversamento dei luoghi, a cominciare dai santuari mariani e i loro pellegrinaggi; Monte Stella, Calpazio, Gelbison, Cervati, Civitella, Bulgheria; musei e aree archeologiche (Velia, Paestum), oasi, specchi d'acqua e la loro "musica del mare": Sapri, Palinuro, Camerota, Ogliastro, Acciaroli, S. Maria di Castellabate, Agropoli. Fotogrammi e istantanee che lo scrittore/testimone ha voluto movimentare in moto perpetuo.

 

Il fine umanista ha avuto un debole. Ha amato la fluttuosa lingua dialettale, magnificandola per sua duttilità a poesia e canzone. Attingiamo verve e rifrangenze da Chesta è la terra mia - icona, manifesto e confessione. Insieme a Venezia alla Biennale del 1982 con la Compagnia del Sancarluccio e il nostro "Il Sud non è forse...". E quindi, Chianto r'amore - Tanno e mo '- Lo paese - Me manca lo paese - Stizze re sango assute ra lo core - Cuocicore.

 

Poeta della tradizione, ma anche della contemporaneità, con cui desanctisianamente guardare con fiducia al futuro, Liuccio ha visto i fittavoli, poi i figli dei braccianti, non più bifolchi e ignoranti, entrare nella storia come "Il fiore dei poveri" di un "Sud senza e con." Amore e amori di un poeta in lingua maestri Salvatore Quasimodo e Alfonso Gatto con riscontri di nomi e dell'informazione che conta (per tutti Gabriella Sobrino, segretaria del premio Viareggio). Lo studioso Paolo Saggese gli ha riservato un intero capitolo nel libro Rocco e i suoi fratelli ed insieme abbiamo accompagnato di note critiche Le stagioni dell'amore (Plectica, Salerno, 2009) e l'ultima sua silloge La mia terra anfibia (Delta 3, 2020).Poeta della luce ha saputo spaziare nella natura, scoprendovi una sua anima, graffiti, geometrie, contorni, ornati e le vicende degli uomini; e quindi i fili da tessere, gli intrecci, i nodi spezzati da riannodare. Il suo convincimento di paese-comunità-risorsa è radice che si abbarbica, fortifica le vertebre e corazza il cuore.

 

E noi, sedotti, ascoltiamo il suo canto resistere in questo "angolo sublime del mio (nostro) Cilento, dove verde di terra e turchese di mare trionfano nel tripudio del sole o si sposano nel sorriso d'argento della luna nuova". Ma vi è già eco altrove e scorgiamo il brillio di una nuova stella, dove si incontrano le anime, cielo/terra. Così l'intitolazione del centro culturale che porta il suo nome. Una festa popolare intensa e fervorosa l'inaugurazione del cenacolo (22 agosto u.s.), moderata dalla figlia Michaela, sociologa dell'Università La Sapienza, che ha visto la partecipazione di Rosario Carione, sindaco di Trentinara, Mimmo Caiazzo, scrittore e ristoratore, Daniela Di Bartolomeo, direttore artistico del Festival dell'Essere, Giuseppe Galzerano, storico ed editore, la pittrice Nera D'Auto e chi scrive. Antonietta Speranza, accompagnata alla chitarra da Giovanni Rodio, ha completato kermesse e performance, perché le poesie di Liuccio sono state adattate a canzoni/ballate, risultando in tonate, appassionate, orecchiabili. Compagna di questo viaggio ci resta la sua voce di profeta/patriarca, che ha arricchito la bibbia degli uomini con le nostre storie, malate di uguale ma vive di bellezza e utopie. Anche quella di unprodigioso (in)credibile controesodo.

 

L'aquila reale, nidificata sul Monte Cervati, ha spiccato il volo. Ha trovato le ali e gli occhi della poesia di Liuccio che mentre scruta il sole, varca superbamente l'orizzonte.

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Giuseppe Giuliano, (Nuovo Meridionalismo - Periodico di attualità e cultura. n. 244

 

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